Specializzandi DISS in cattedra al Breakfast meeting
Non è ancora tempo di vacanze per i Breakfast meeting del DISS che, strada facendo, hanno cominciato davvero a rappresentare un momento di grande rilevanza per studenti e specializzandi del Dipartimento di Scienze della Salute in materia di conoscenza e condivisione dell’attività scientifica. Si tratta di incontri a carattere scientifico organizzati con cadenza mensile e tenuti in lingua inglese da parte di 3 diversi speakers (solitamente giovani ricercatori, dottorandi o specializzandi, di cui due provenienti dal Dipartimento di Scienze della Salute ed un ospite) e a cui partecipa un pubblico molto vario composto da assegnisti, dottorandi, specializzandi e studenti.
Nel Breakfast meeting del 20 Maggio sono state affrontate tematiche molto specifiche: si è parlato innanzitutto di rigenerazione tissutale in differenti tessuti: l’ospite, dott. Fabrizio Gelain, afferente al Center for Nanomedicine and Tissue Engineering presso l’Ospedale Niguarda Ca' Granda, ha parlato di come il ripristino funzionale di tessuti o organi gravemente danneggiati necessiti di approcci farmacologici non convenzionali che prevedano il trapianto di cellule nell’organo in questione.
Molto spesso il trapianto di cellule di per sè non sortisce gli effetti sperati poiché l’approccio trapiantologico non prevede che esse siano inserite nel tessuto danneggiato in modo da riformare le strutture complesse, che sono state alterate nella patologia, seguendo una integrazione con una appropriata sequenza proliferativa, differenziativa e di maturazione.
Questi aspetti possono essere raggiunti, o per lo meno perseguiti, utilizzando delle appropriate strutture tridimensionali detti scaffolds che possano fornire un adeguato supporto meccanico ma che anche, grazie al loro contenuto di fattori di proliferazione e di differenziamento, rappresentino un congruo mezzo di integrazione con il tessuto circostante.
Il dott. Gelain ha poi descritto gli aspetti necessari per la progettazione di scaffold per la rigenerazione tissutale quali dimensione, rigidità, interazione con la controparte biologica. In particolare è stata sviluppata la descrizione dell’approccio multi-disciplinare full bottom-up, dedicato al design, sintesi, caratterizzazione e testing in vitro ed in vivo di scaffold biomimetici. Infine il Dr. Gelain ha fatto riferimento ai biomateriali nanostrutturati auto-assemblanti ed elettrofilati illustrandone le loro potenzialità ed alcune applicazioni nell’ambito della ricostruzione del sistema nervoso.
La seconda parte dell’incontro ha visto la dott.ssa Allevi, specializzanda del nostro Dipartimento sotto la supervisione del Prof. Federico Biglioli, parlare dell'utilizzo di innesti nervosi autologhi che costituiscono oggi una delle metodiche più frequentemente utilizzate in presenza di lesioni nervose che abbiano comportato perdita di sostanza del nervo, laddove quindi la neurorrafia diretta tra i due monconi del nervo lesionato non sia possibile. Infatti, in chirurgia maxillo-facciale questo approccio è una pratica ampiamente diffusa nel trattamento delle paralisi facciali e delle lesioni trigeminali, utilizzando i nervi quali il surale, quello toracodorsale e quello grande auricolare.
Per quanto concerne l’ultima parte, la dott.ssa Raimondo, che lavora con il Prof. Luca Pietrogrande, ha parlato del trattamento delle fratture, una continua sfida per i chirurghi ortopedici. Benché la maggior parte delle fratture guarisca senza complicazioni, il 5-10% dei pazienti vanno incontro a problemi dovuti a difetti ossei, ritardi di consolidazione o ad entrambi. Difetti ossei significativi o complicazioni quali ritardi di consolidazione, pseudoartrosi o consolidazioni viziose possono necessitare di innesti ossei per riempire il difetto. Gli innesti ossei sono infatti in grado non solo di riempire lo spazio vuoto fornendo supporto alla crescita di nuovo osso, ma in alcuni casi possono anche stimolare il processo biologico di riparazione.
Gli innesti di osso autologo sono considerati il trattamento di elezione in questi casi ma il beneficio clinico non è sempre garantito e si associa a un 8-39% di complicanze. Numerosi problemi come il rischio infettivo e gli elevati costi si hanno anche con l’utilizzo di osso di banca (osso omologo da vivente o da cadavere).
Per questo motivo sono stati sviluppati innesti di osso sintetico. Numerosi prodotti contenenti idrossiapatite, tricalcio dicalcio o calcio fosfato, calcio solfato, sono disponibili per l’utilizzo in chirurgia ortopedica.
Più recentemente si sta valutando se implementare innesti, di qualunque tipo, con l’aggiunta di cellule staminali o fattori di crescita, ma ancora mancano dati conclusivi.
Un altro sistema, non sempre applicabile e spesso difficile da tollerare per il paziente, è quello della osteogenesi in distrazione, che sfrutta la grande capacità rigenerativa dell’osso e facendo allontanare i margini di una osteotomia, consente di occupare lo spazio che si viene a creare con un callo osseo di riparazione che gradualmente aumenterà fino alle dimensioni necessarie e poi si trasformerà in osso. Questo sistema, utilizzabile solo negli arti, risulta molto utile soprattutto in quei casi dove vi sia infezione.
Nell’esperienza del reparto sono stati utilizzati trapianti autologhi, osso di banca, sostituti ossei sintetici e l’osteogenesi in distrazione a seconda delle caratteristiche del difetto osseo, anche combinando più strategie insieme se necessario.
Questa varietà di temi è stata affrontata all’interno del Breakfast meeting di maggio, durante un incontro rivelatosi estremamente utile sia per il pubblico, sia per i relatori, che si sono trovati di fronte una platea molto giovane e variegata.