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Dal Texas al San Paolo: il ritorno del prof. Folli  

Intervista al prof. Franco Folli, professore ordinario di Endocrinologia, che dopo una lunga esperienza negli USA, ha scelto di ritornare al polo San Paolo

  • Le chiedo di raccontarci un po’ di lei in quattro righe...chi è Franco Folli?

Mi sono laureato in Medicina chirurgica nel 1986 e durante gli studi universitari ho interagito col prof. Diego Brancaccio che lavorava all’ospedale San Paolo. Lo ricordo come un contatto molto importante perché questa dinamica mi consentì di passare 5 mesi durante il IV anno di studio presso la East Carolina University a Greenville: in quell’epoca studiai l’effetto di sieri di pazienti con insufficienza renale cronica terminale e il loro effetto sui meccanismi di azione dell’insulina in culture di cellule di fegato di ratto. Questo fu il primo contatto con il San Paolo, con gli USA e con lo studio dei meccanismi di azione dell’insulina e del diabete in termini più generali.

  • Lei ha una decennale esperienza di lavoro e ricerca negli Stati Uniti: cosa l’ha colpita del sistema? Ha qualche aneddoto per noi?

Ho avuto la fortuna di avere esperienze in diverse università: dopo quella da studente, nel 1990 sono stato alla Yale University con i proff. De Camilli e Solimena in cui proseguimmo e terminammo gli studi che avevamo avviato insieme a Milano sull’identificazione del GAD, un autoantigene fondamentale nel diabete di tipo 1 e in alcune rare malattie neurologiche.

Successivamente sono stato al Jocelyin Diabete centre alla Harvard Medical School. Nell’ultimo periodo invece, dal 2005 al 2016, alla University of Texas di San Antonio, dove abbiamo svolto studi su primati e su pazienti con diabete di tipo 2, sul matabolismo del glucosio.

Ciò che mi ha colpito è la possibilità di svolgere un’attività di ricerca a tempo pieno nell’epoca in cui ero uno studente di post-dottorato. Negli USA c’è una maggiore possibilità di effettuare studi in vivo nell’uomo.

Intraprendere questi studi è stata una sorpresa, perché al mio arrivo a San Antonio non potevo immaginare che esistesse un’enorme colonia con i primati. Lo scoprii quando il mio capo-divisione mi disse di “dare un’occhiata in giro”.

  • Può parlarci dei suoi progetti di ricerca in corso?

Attualmente collaboro con gli USA per studi sui meccanismi di azione di farmaci anti-diabetici su babbuini con diabete di tipo 2, in particolare per lo studio sui farmaci agonisti del recettore del GLP 1. Inoltre stiamo portando avanti, con approccio ad alcuni modelli animali, l’identificazione di nuove molecole, ove vi è modificazione di piccole molecole di lipidi associate a diabete di tipo 2 nell’uomo (per verificare se esistano dei farmaci in grado di contrastrare l’effetto di fosfolipidi e sfingolipidi); infine mi interessa studiare, per progetti futuri, come sviluppare la collaborazione con il gruppo DAMA coordinato dal dott. Ghelma, per capire quale sia l’esatta prevalenza di diabete e disturbi di intolleranza ai carboidrati nei pazienti che hanno disabilità croniche e come tali patologie possano influenzare la prognosi di questi pazienti rispetto al trattamento del diabete di tipo 2.

Inoltre voglio concentrarmi nel capire quali siano i meccanismi molecolari con cui alcuni farmaci antipsicotici che vengono normalmente utilizzati in terapia producano il noto effetto diabetogeno nei pazienti; si tratta di uno studio in collaborazione con colleghi in Brasile, dell’università  di Campinas.

Importante trasferire modelli animali sperimentati nella prevenzkione del diabete di tipo 2 nell’uomo.

Voglio infine potenziare gli studi clinici anche alla luce della fusione tra San Paolo e San Carlo.

  • Perchè ha scelto proprio il polo San Paolo dell’Università degli Studi?

La scelta è stata orientata dal fatto che al San Paolo vi sia un forte interesse per lo studio delle malattie metaboliche e dell’effetto della chirurgia bariatrica, soprattutto attraverso lo studio del prof. Pontiroli, mio collaboratore di tesi. Era per me naturale venire in un polo attivo in questo settore su diabete e obesità.

  • Nel 2016 consiglia ancora ad uno studente appena uscito dal liceo di iscriversi a Medicina? Perchè?

Certamente. Ci vuole una forte motivazione allo studio, perché la Medicina lo richiede. Oltre alle ore spese sui libri c’è proprio da utilizzare energie e da dedicarsi verso la missione. Questa è una grande differenza tra il mestiere del Medico e tutte le altre professioni.

Lo studio della Medicina consente inoltre diversi sbocchi, clinici, ospedalieri, nelle case di cura, nella medicina di base, ma fornisce anche la formazione necessaria per fare ricerca, ed in ogni caso per creare una futura generazione di persone che lavorano nell’industria farmaceutica per lo sviluppo di nuovi farmaci. In altre parole, la preparazione che viene data allo studente di Medicina è molto importante per tutta una serie di professioni che vanno al di là di quella medica e chirurgica.

PROF. FOLLI  

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